sabato 13 novembre 2010

Pedagogia mediatica femminista

Garantismo a senso unico, a quanto pare. Qui (http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2010/11/12/pedagogia-mediatica-fascista-descrivere-le-donne-come-inaffidabili/) le nostre neo-suffragette difendono le maestre dell'asilo di Pinerolo, accusate di maltrattamenti verso i bambini; vi riportiamo parte del post
Non è il primo e non è neanche l’ultimo caso. Il solito video messo in rete a dimostrare la crudeltà delle insegnanti, naturalmente donne, così come altri che parlavano di badanti, ricordate?

Le insegnanti di Pistoia hanno ricevuto una molotov. La questione non suscitò grandi problemi perché la tendenza in Italia è di una demonizzazione mediaticamente istigata che impedisce alle donne, in quanto donne, il diritto ad una difesa, alla privacy, al segreto istruttorio.

Sarebbe meno ipocrita gettarle in mano alla folla, per un linciaggio con rogo finale, perché il clima è da caccia alle streghe.

Succede di nuovo, con un video in cui si vede ben poco in verità, a Torino. E le maestre sono state ancora minacciate di morte, perché l’istigazione all’odio legittima chiunque a sfogare la propria misoginia sulla prima donna utile.
nella filippica si invoca il sacrosanto diritto alla presunzione di innocenza per le persone accusate ma non ancora processate. Giustissimo, diciamo noi. Ma non è un tantino incoerente promulgare simili nobili principi e poi urlare al carcere a vita per il primo pedofilo o stupratore arrestato (https://fuorigenere.wordpress.com/2012/06/12/tuccia-ai-domiciliari-manteniamo-alta-lattenzione/), infestare il web di archivi (http://bollettino-di-guerra.noblogs.org/) in cui si immagazzina tutto il materiale possibile immaginabile sulla violenza maschile contro le donne e esercitare pressioni politiche con lo scopo di negare l'anonimato a chi si difende dall'accusa di violenza sessuale (http://www.giornalettismo.com/archives/95271/regno-unito-stop-allanonimato/)? Eppure, questo è quello che fanno loro. L'articolo continua
Lo stesso trattamento non è riservato ai pedofili, beccati a scuola a fare cose atroci sui bambini e poi perfino condannati. E sono gli stessi che possibilmente alimentano misoginia perché secondo i falsabusisti l’unica verità che deve passare è che le donne sono cattive mentre gli uomini denunciati per violenze, maltrattamenti, abusi sui minori sono tutti dei santi.
questa parte evitiamo di commentarla anche alla luce di quanto detto prima, e passiamo al resto
Chi non capisce quello che sta succedendo è davvero miope. Non serve un genio per capire che sulla televisione ogni giorno viene violato qualunque principio etico e morale di uno Stato civile.

Le donne sono pubblicamente linciate, lapidate, vilipese, insultate. Non vedrete mai chilometri e chilometri di puntate su quello che compiono quotidianamente gli uomini [Amore Criminale... ringraziamo vh per la segnalazione]. Sull’enorme numero di donne e bambini abusati, uccisi, violentati, maltrattati, perseguitati, per mano di un uomo.

Il principio che deve passare, grazia ad una oculata e costante mistificazione mediatica, è che tutte le donne sono cattive. In particolare, ovviamente, lo sono tutte quelle che compiono ruoli di cura.

Come dire: “vi affidiamo i nostri figli e i nostri vecchi ma restate pur sempre delle nostre schiave”.
insomma, le donne (solo loro, eh) presunte innocenti sono perseguitate dai media, non si parla mai della violenza degli uomini sulle donne (che quotidiani leggano loro non si sa) e così via. Tutto per far passare il concetto che le donne, e soprattutto le maestre (probabilmente perché gli unici casi di linciaggio mediatico contro le donne sono stati due, questo e quello contro le maestre di Pistoia, boh), sono cattive, e che quindi meritano di essere rese schiave degli uomini; tutto per ristabilire il vecchio assetto sociale in cui la donna resta a casa a badare i figli (visto che non ci si può fidare degli asili nido) e “l'uomo è l'unico a detenere il ruolo di tutore morale delle famiglie”. Cioè capite, è tutto un complotto! Ma non finisce qui
Quanto c’è di etico nell’istigare alla violenza contro donne sotto processo? Quanto c’è di etico e di moralmente accettabile nel fatto che in tutte le vicende che riguardano le donne i media arrivino ad una conclusione prima ancora del processo?

[...]

Chi paga consulenti e avvocati impegnati a seguire il flusso dei media e in base ad essi a costruire strategie processuali? Perché le prove finiscono in mano ai media prima che in tribunale? Quanto guadagnano questi nuovi seguaci della guerra del sesso maschile contro quello femminile, donne incluse, tutte impegnate a scrivere libretti e librettini, a partecipare a conferenze e programmi tivù con un solo lascia passare, quello di dire che le donne sono cattive?

Quanto conviene questo affare? Quanto serve a fare carriera? Chi sono queste persone, donne e uomini, che lucrano sulla morale e sull’etica e legittimano il linciaggio contro le donne immaginando di aver trovato una gallina delle uova d’oro? Quanto è potente la lobby “culturale” che orienta il dibattito pubblico e che ti offre una fetta di protagonismo se dici che le donne sono cattive?
ragazze, è giusto quello che dite, ma cazzo non dovrebbe valere anche per gli uomini? A loro la presunzione di innocenza non la concediamo?

venerdì 12 novembre 2010

Quelle di FAS si scatenano: concessa l'incapacità di intendere e di volere ad un uomo che ha ucciso la moglie

Ammazzare la moglie con sessanta coltellate e farla franca: è il titolo di un post del solito blog, riferito stavolta alla vicenda di un uomo, Mauro Rozza, che ha ammazzato la moglie Maria Casamassima. Questo secondo loro è l'articolo del Corriere della Sera in cui si opera l'assoluzione mediatica dell'assassino. Ma riportiamo il testo (http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2010/11/12/ammazzare-la-moglie-con-sessanta-coltellate-e-farla-franca/)
L’anno scorso un uomo ha ammazzato la moglie, Maria Casamassima, con sessanta coltellate. Poi si è costituito. La Corte di Cassazione lo condanna a dieci anni di ospedale psichiatrico giudiziario per incapacità di intendere e di volere [è l'ospedale psichiatrico che non riescono a digerire...].

Il Corriere della Sera pubblica di una sua ipotetica assoluzione [abbiamo provato a contattarle per chiarimenti ma non ci siamo riusciti...]; forse a quelli del Corriere sfugge che se una persona viene assolta non è costretta a restare rinchiusa in un ospedale psichiatrico giudiziario per dieci anni [se non capite niente di giurisprudenza tacete: l'uomo è stato assolto per vizio di mente ma obbligato al ricovero coatto perché considerato socialmente pericoloso]. Ma se davvero un assassino è stato assolto allora si apre un capitolo nuovo della giurisprudenza italiana. Anzi vecchio. Risale al tempo in cui dopo l’abrogazione del delitto d’onore quasi tutti gli assassini di donne venivano assolti con la stessa formula “incapacità di intendere e volere” per un tacito accordo tra tribunali e assassini, dove la psichiatria, come accade spesso tutt’ora, andava in soccorso ai carnefici per imprimere invece un controllo sociale sulle persone più deboli, donne in primo luogo [si legga a tal proposito questo post e quest'altro].

Volendo dunque propendere per la buona fede del titolista, diciamo che il messaggio che così viene dato è che se sei “depresso”, ipotesi avanzata come attenuante dalla stampa in qualunque occasione, e accoltelli tua moglie sessanta volte puoi farla franca. Te la cavi con poco [dieci anni di ricovero forzato non ci pare proprio pochino, almeno in confronto ai tre della Loprete...]. Giusto un contentino da dare alla società per dire che degli assassini la giustizia in qualche modo si prende “cura”.

E la deriva della pietà per l’assassino malato è una cosa costruita sapientemente a partire dai processi mediatici. Spesso e volentieri si dice che sia stata lei a far impazzire lui e dunque ad essersi in qualche modo meritata la morte.

In realtà troppi di questi uomini ammazzano le donne che vogliono andare altrove, non vogliono più restare con loro, vogliono fare scelte autonome, vogliono lasciarli. E se il femminicidio viene interpretato come conseguenza di una patologia clinica allora si può anche dire che di questa particolare patologia soffrono in troppi: si chiamano misogini, maschilisti, patriarchi, padri padroni e sono culturalmente e socialmente legittimati ad essere quello che sono. Quindi possiamo dire che si tratta di una patologia sociale o di un modello culturale costruito dagli uomini che nelle aule di giustizia si sono creati una scappatoia giuridica per ottenere una punizione minima[strano allora che questa cultura patriarcale abbia abolito il delitto d'onore]?

Sul senso delle punizioni potremmo parlare a lungo ma quello che per ora serve dire è che se questo è il parametro attraverso il quale si affronta un'emergenza così ampia come quella che colpisce direttamente troppe donne ogni giorno si può proprio dire che non c’è alcuna forma di giustizia interessata a prevenire la loro morte.

Viviamo tutti in un manicomio sociale che protegge i carnefici e infligge punizioni atroci alle vittime. E tutto questo non è affatto giusto perché le donne hanno il diritto di restare vive ed è è un diritto che a loro viene negato troppe volte.
insomma, del problema dei malati mentali che uccidono a loro interessa solo un aspetto: quello degli uomini che "impazziscono" e uccidono le donne, vaneggiando intorno a presunti giustificazionismi socio-giuridici del carnefice e colpevolizzazioni della vittima che vedono solo loro. Confido sul fatto che una persona sana di mente riesca a percepire il problema a prescindere dal fatto che l'assassino sia uomo o donna: esistono matti e matte che uccidono. E la vita è sacra per carità: ma anche quella dei maschi (soprattutto dei bambini), se permettete.

La realtà è che il riconoscimento del vizio mentale per gli uomini è un fatto abbastanza eccezionale: ma a noi non interessa tanto questo fatto perché non abbiamo alcun interesse (o mania) a fomentare il conflitto di genere come invece stanno facendo queste qua. Diciamo semplicemente che esistono dei criteri di valutazione in sede di processo penale tramite i quali si decide sull'incapacità di intendere e di volere dell'imputato. Pur essendo opinabili (sia dal punto di vista formale, cioè per quello che concerne la loro stesura sulla carta, sia dal punto di vista sostanziale, cioè per quanto riguarda la loro applicabilità ai casi reali), ci pare giusto che una volta riconosciuti essi debbano essere applicati. Pure per gli uomini, una volta tanto.

I padri separati: se sono poveri è colpa loro che non si sono saputi organizzare

Riportiamo di seguito il commento all'articolo che vi avevamo precedentemente presentato di una delle gestrici del blog Femminismo a Sud
Non è questa la cosa fondamentale. Per quello che ne sappiamo qui si parla di persone stipendiate che se sono nelle giornate buone danno 300 euro di mantenimento per il figlio. Di mutui non se ne parla. E in ogni caso ci attestiamo al commento dell’avvocato Annamaria Bernardini de Pace che giudica queste persone come soggetti che semmai si sono organizzati male e la cui vita è conseguenza delle loro scelte sbagliate [lo stesso ragionamento si potrebbe fare per gli immigrati clandestini, i cassaintegrati e tutte le fasce deboli... comprese le donne che non riescono ad arrivare alla fine del mese]. Chiedono privilegi alimentando odio contro le donne [questi non sono privilegi, sono aiuti; sul fatto che alimentino odio contro le donne urge un chiarimento]. Essendo pure supportati dalla destra, spesso leghista, quei privilegi vanno su una scala gerarchica che dice: prima gli italiani e poi, semmai ci sarà tempo e voglia, gli stranieri. Prima gli uomini, italiani e tesserati alla lobby, e poi, semmai ci sarà tempo e voglia, le donne in grandissima difficoltà [ad ogni fascia debole i dovuti ausili: le donne in difficoltà hanno già i loro, dunque non si capisce dove stia il problema... ah forse abbiamo capito, questi sono privilegi che alimentano odio contro le donne!].

Si lamentano pure dei padri separati, i nuovi poveri. Ma quanto ci costano!

Per inaugurare il sito, vi proponiamo un articolo del blog Femminismo a Sud, in cui le nostre sorelle si lamentano del sostegno economico fornito ai genitori separati su cui pesa il mantenimento dei figli e dell'altro coniuge (e non solo ai padri separati, come falsamente sostengono loro e i giornali schierati)


potete reperire questa perla di misandria all'indirizzo http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2010/11/12/quanto-ci-costano-e-chi-sostiene-i-padri-separati-2%C2%B0/, ma per comodità riportiamo il testo di seguito (ci siamo sentiti in dovere di evidenziare una palese mistificazione)
Al lungo capitolo su chi sostiene e quanto ci costano i padri separati, che potete leggere QUI, bisogna aggiungere l’amministrazione di Prato, di centro destra, e l’assessore alle politiche sociali Dante Mondanelli che durante un convegno che parlava di crisi economica della famiglia ha ritenuto di dover annunciare che l’amministrazione ha stanziato 450.000 euro per realizzare edilizia in favore dei padri separati.

Non si capisce dunque se per questa amministrazione la parola famiglia si riferisce solo al pater familias prima e dopo il divorzio.

Delle difficoltà economiche della madre separata, sulla quale più spesso pesa il mantenimento e la sussistenza dei figli, ovviamente non si parla mai. Alle madri, le case piovono dal cielo? Le donne hanno reddito e lavoro a tal punto da non avere nessun bisogno di interventi amministrativi? A noi non risulta anzi dai dati si vede che una donna su due è disoccupata, che la crisi si sta abbattendo soprattutto sulle categorie più deboli e tra queste in primo luogo sulle donne e che un milione e mezzo di madri vivono in condizione di estrema povertà.

La domanda comunque è: la donna che non ricopre più lo status di “moglie” non viene considerata da questa amministrazione come parte di una famiglia, monogenitoriale, tutto quello che si vuole, ma pur sempre famiglia?

Come si spiega questo enorme contributo all’entità “padre separato” a fronte del fatto che a Prato ci sembra che la crisi abbia colto molte donne e molti uomini, non necessariamente separati o sposati e non necessariamente italiani, tutti egualmente degni di attenzione?

Come si spiega che i soldi pubblici, prodotti grazie al lavoro e alle tasse di donne e uomini, vengano diretti solo a sostegno di persone di sesso maschile aventi un preciso status e una precisa appartenenza ad un’area di rivendicazione svolta apertamente contro le donne?
in pratica a loro rode che venga fornita assistenza domiciliare ai padri, cioè a coloro su cui più spesso pesa il mantenimento economico del resto della ex-famiglia e che in molti casi si ritrovano a dormire alla stazione ferroviaria o alla Caritas, dimenticando volutamente che la stessa assistenza viene fornita anche alle madri che si trovano nella medesima condizione e per le quali sono comunque previsti incentivi in più rispetto agli uomini, come previsto ad esempio dalla Legge Biagi. Amiche, ditelo chiaramente che odiate i padri separati (e gli uomini in generale)!

Post precedenti

Dal blog sulle false accuse